Jewish Matchmaking: il nuovo dating show di Netflix

 
 

Dal 3 maggio è disponibile su Netflix il nuovo dating show Jewish Matchmaking. Dopo le tre stagioni di Indian Matchmaking, la nuova ambientazione è tra gli USA e Israele e la cultura dei matrimoni combinati questa volta è di matrice ebraica. Ora l’intermediaria è l’ebrea ortodossa Aleeza Ben Shalom che, entusiasta del suo lavoro e delle tradizioni, ci guida alla scoperta dei diversi “livelli” di religiosità. Se nella versione indiana bisognava tenere conto “della casta, dell’altezza e dell’età” delle persone per far sì che la combinazione funzionasse, in questa prima stagione di Jewish Matchmaking è evidente che i marcatori sono completamente diversi.

Qui Aleeza Ben Shalom prende appunti sul single o la single che ha deciso di impegnarsi in una relazione stabile per costruire insieme a qualcuno una famiglia. Per la cultura religiosa ebraica ad un certo punto bisogna sposarsi e preferibilmente avere dei figli. Se non si è stati così fortunati da incontrare da soli la persona con la quale decidere di condividere la propria vita e neanche le app per incontri per ebrei sono servite ecco allora che alcuni decidono di usare il metodo classico. Chiamare un intermediario non solo è un qualcosa di molto più vicino alla tradizione, quella dello Shidduch, ma è anche più affidabile e sicuro.

Sia nella versione indiana che in quella ebraica l’amore è visto come un qualcosa in divenire, con la differenza che in questa versione i concorrenti sono dotati di uno meraviglioso senso dell’umorismo, tratto che a volte potrebbe stonare con i momenti di pathos drammatico.

In Jewish Matchmaking è evidente come per molti dei protagonisti la decisione di passare la vita insieme a qualcuno è un’intenzione assolutamente razionale. I partecipanti vengono invitati a diffidare dell’attrazione fisica che, seppur richiesta, passa in secondo piano rispetto al bisogno di trovare un carattere affine che condivida ideali di stabilità e interessi affini. I primi appuntamenti non si svolgono solo al bar o al ristorante, ma spesso sono meno standard. Ad esempio nel corso di un episodio una delle concorrenti incontra un possibile spasimante da un fioraio, per un breve corso sulla composizione floreale.

Nel corso degli otto episodi i concorrenti vengono accoppiati tenendo conto soprattutto della religiosità, chi è poco osservante può anche essere affiancato a qualcuno che invece lo è leggermente di più così da portare il primo verso l’ideale di vita più rispettosa delle tradizioni; quello che sostanzialmente sembra cercare andando incontro al matrimonio. Ognuno di loro ha le sue preferenze in termini di canoni estetici, Aleeza Ben Shalom cerca però di stemperarli a favore di fattori considerati più importanti come il carattere della persona e la sua idea di famiglia, ma anche il luogo in cui vuole vivere, i suoi hobby e le abitudini culinarie.

L’archivio delle produzioni Netflix è in continua crescita e le piattaforme in generale stanno sempre più arricchendo i loro cataloghi di prodotti unscripted da spettacoli a reality show, questi ultimi inaugurati con Ultimate Beastmaster (2017) e in Italia con Summer Job (2022). I reality non sembrano aver cambiato linguaggio e la loro struttura resta quasi invariata rispetto ai canoni tradizionali. Nell’arco di un episodio c’è un’eliminazione o comunque si segue maggiormente la storia di una coppia mentre in quello successivo se ne approfondiscono altre.

La differenza di questi reality show è nella modalità di fruizione, l’attesa per l’episodio successivo non è più necessaria. In alcuni casi vengono distribuiti solo i primi episodi, poi bisogna aspettare un paio di settimane per i successivi, ma in generale si può attendere il caricamento complessivo degli episodi e decidere autonomamente se e quando interromperli. Netflix nel caso di Jewish Matchmaking ha deciso di caricare sulla piattaforma i primi quattro episodi e a distanza di una settimana gli episodi restanti. Quindi un’attesa molto breve e un prodotto che costruisce i singoli episodi su due o tre protagonisti e se le vicende dei primi si esauriscono nel corso dello stesso episodio, l’ultima storia slitterà all’apertura dell’episodio successivo. In questo caso, ma più in generale anche per gli altri reality show e dating show, la visione da piattaforma porta al binge watching e quindi all’abbuffarsi senza sosta di episodi, esattamente come accade per le serie.

Comunque casi come Jewish Matchmaking e The Ultimatum: Queer Love riescono a trovare delle nicchie di fruitori che, affezionandosi ai concorrenti, cercano di capire come finiscono le loro narrazioni, se quello che viene mostrato è reale e riescono a creare piccole discussioni effimere. Jewish Matchmaking in ogni caso non chiude le narrazioni dei singoli protagonisti, mantenendo in qualche modo un’idea di privato molto incline alla cultura ebraica nonostante l’apertura al pubblico e alle videocamere. Infatti una delle domande più ricercate sul web è già: “Quali coppie di Jewish Matchmaking sono ancora insieme?”. Lo spettatore entra nelle case dei concorrenti, ne vede le camere, l’arredamento, conosce il privato di alcuni e i tratti delle loro diverse personalità e in molti casi vengono mostrate anche le famiglie e gli amici. In conclusione è evidente alcuni match potrebbero funzionare, mentre per altri non c’è storia, ma di nessuno dei concorrenti, alla fine di questa stagione, viene svelato se la ricerca si sia conclusa e questo potrebbe lasciare con l’amaro in bocca.

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