Pier Paolo Pasolini – Il piacere dello scandalo

Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta di essere scandalizzato è un moralista”. Questa provocatoria affermazione è stata espressa da Pier Paolo Pasolini durante un’intervista con la stampa francese sul suo film-testamento Salò o le 120 giornate di Sodoma e riassume efficacemente la propria personalità artistica e intellettuale.

A cinquant’anni dal delitto-Pasolini, bisogna iniziare dal fondo per poter rileggere e integrare nell’oggi il pensiero del grande poeta e cineasta, partendo proprio da quella terribile e fatidica notte fra il 2 e il 3 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia.

Diversi film, speciali TV e documentari hanno cercato di fare il punto sull’oscuro legame fra Pino Pelosi e Pier Paolo Pasolini, legame che nel corso del tempo ha fatto emergere una nuova realtà dei fatti: Pelosi non ha ucciso Pasolini.

La macchinazione di David Grieco (disponibile sulla piattaforma gratuita RaiPlay) tenta di rileggere l’ultima fase della vita del poeta, quando era impegnato nella realizzazione del film Salò e contemporaneamente stava scrivendo il suo monumentale romanzo sperimentale Petrolio. In parallelo si racconta l’amicizia tra Pasolini e il giovane omosessuale Pino Pelosi, noto anche come Pelosino o Pino la “rana”. Grieco, un tempo assistente di Bertolucci e Pasolini, è noto soprattutto per il suo esordio registico Evilenko, ispirato alla figura del Mostro di Rostov. Un’opera dilettantesca e a tratti persino ridicola. Si evince in Grieco la vocazione per il cinema di genere e in La macchinazione è ben presente questo linguaggio ma maggiormente calibrato rispetto al suo debutto registico. Massimo Ranieri incarna un Pasolini martirizzato e sofferente con asciutta efficacia, all’interno di un prodotto medio italiano che ripercorre i moduli del cinema di impegno civile, ibridandoli con il giallo-poliziesco e la fiction televisiva. Un’operazione onesta che si offre come rovesciamento schematico del Pasolini di Abel Ferrara.

Il dramma lirico e visionario di Ferrara (sempre disponibile su RaiPlay), impiega la maschera di Willem Defoe (interprete feticcio del cineasta) per dare corpo al Pasolini-pensiero e al tramonto esistenziale e intellettuale del poeta. Ricco di digressioni metanarrative, l’atipico biopic del controverso cineasta newyorkese penetra nella carne viva delle ultime opere pasoliniane, ricostruendo un episodio del romanzo incompiuto Petrolio e alcune sequenze del film mai realizzato Porno-Teo-Kolossal (facendovi persino recitare Ninetto Davoli), che avrebbe dovuto rappresentare il secondo capitolo della Trilogia della morte dopo Salò.

RaiPlay, nella sezione Fuori Orario. Cose (mai) viste, offre anche l’opportunità di scoprire il bel documentario di Francesco Bortolini realizzato nel 1976 per RaiDue, a un anno dalla morte del poeta. Il sogno di una cosa (titolo preso in prestito dal romanzo d’esordio di Pasolini) racconta l’esperienza friulana del grande intellettuale, anni in cui Pasolini studiava la cultura friulana dal punto di vista linguistico e antropologico, operazione che in seguito portò avanti nelle borgate romane.

Su Amazon Prime è invece disponibile Ostia, opera prima di Sergio Citti, scritta dallo stesso Citti e Pasolini che figura anche in veste di produttore. È quasi una prosecuzione di Accattone a distanza di nove anni (sempre con Franco Citti), asciugando il realismo presente nel capolavoro del 1961, ampliandone la dimensione metaforica e sfociando nell’apologo fiabesco. Prosaicità e misticismo, due componenti indissolubili all’interno dell’opera filmica pasoliniana, raggiungono in questo lavoro un punto di non ritorno. Un’eredità teorico-ideologica che Sergio Citti ha saputo abilmente fare propria e rielaborare.

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