Viva Viviani: frammenti di Napoli

 

Viva Viviani è un documentario dei fratelli Mario e Stefano Martone, da poco disponibile su Sky Arte e Now Tv, che cerca di recuperare la produzione poliedrica di Raffaele Viviani attualizzandola. I fratelli Martone cercano di recuperare i frammenti della loro città più reali, reazionari e innovativi scegliendo la forma documentaria come canale preferenziale. Nel corso dei minuti si alternano a livello uditivo con registrazioni originali di Raffaele Viviani, letture di suoi brani (poetici e autobiografici) ed interviste a personaggi vari come parenti, autori teatrali, attori e così via.

La figura di Raffaele Viviani è fin da subito presentata come quella di un personaggio eccezionale capace di spaziare, da totale autodidatta, dal teatro alla musica, dalla poesia alla traduzione. Partito all’età di quattro anni e mezzo cantando per il teatrino dei pupi di Piazza San Gennaro, Viviani diventa piano piano espressione della Napoli dei bassifondi. La sua creatività e capacità di dare vita a una collettività partecipante all’interno delle sue opere lo portano a diventare un genere a parte, lontano, per i critici, dal cinema d’arte che era rappresentato da autori come Pirandello (e che non scrivevano in dialetto).

Osteggiato durante il ventennio, per l’immagine ferina e realista che dava alle sue opere, un po’ come accadeva nel cinema per Elvira Notari, Viviani si scopre vulnerabile e incapace di farsi comprendere dal pubblico “alto”. Incompresa e poi quasi dimenticata, anche a favore del successivo e più universale teatro di Eduardo, la produzione di Viviani viene sentita come primigenia e pura fonte di ispirazione per generazioni di artisti e anche come espressione di una Napoli che non esiste più. Questa componente è più volte evocata a livello visivo con frammenti di film dal vero d’epoca, frammenti di rappresentazioni teatrali, anche piuttosto datati, uniti a immagini della quotidianità attuale. Come espressione della realtà e della quotidianità della vera napoletanità, Viviani raccontava infatti di cose che accadevano con estremo realismo. Si passa da una donna che salva il suo magnaccia convinta che la meni perché non è in grado di accettare il grande amore che ha per lei ad una poesia che descrive con sintetica incisività la morte bianca di un operaio (testo interpretato da Toni Servillo).

I Fratelli Martone con Viva Viviani realizzano un documentario cadenzato nei ritmi, coeso e puntuale. La loro tesi è estremamente chiara e tutti gli interventi sono cuciti a dovere in modo tale da creare un tessuto narrativo funzionale. Dove non arrivano gli intervistati e le parole dell’autore si inserisce Mario Martone, il più noto regista, che puntualizza alcuni elementi secondo lui focali per l’interpretazione del personaggio. Lo stretto legame tra Martone e Viviani è evidenziato di continuo, anche nella scelta dei registi di inserire nel documentario scene della sua opera I dieci comandamenti (2001) che, nell’uso attivo del coro e di un protagonismo collettivo ricorda forse più di tutte la produzione teatrale vivianea. L’amore dei tre Martone per Viviani è palese, rimarcato così come l’amore per il passato della propria città e la modalità così vera in cui l’autore era in grado di fotografarla. Straordinariamente questo amore non offusca mai la tesi ma riesce nel difficile compito di spingere lo spettatore a volerne sapere di più. Vengono forniti, nel corso dei minuti, tanti interessanti spunti a cui viene dato il giusto intermezzo tra informazioni sufficienti ma che invogliano ad un maggiore approfondimento. 

Se negli ultimi anni il cinema di Elvira Notari sta subendo una graduale e giusta riscoperta da parte del grande pubblico, la stessa operazione dovrebbe avvenire per la produzione di Raffaele Viviani visto il grande contributo che ha dato alla letteratura del nostro paese. La speranza è quella di tornare presto a sentire nelle sale teatrali l’urlo che echeggiava cento anni fa: Viva Viviani!

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