WHAM! : George Michael secondo Andrew Ridgeley

 
 

Indubbiamente, il documentario Wham! di Chris Smith cattura e commuove con la sua narrazione nostalgica ed elegiaca del duo pop degli anni 80. L’operazione è condotta abilmente e appassiona, grazie ad una meticolosa ricerca negli archivi di George Michael e Andrew Ridgeley, promotore iniziale del progetto. Un lavoro che ha consentito di recuperare interviste televisive, riprese di esibizioni e di concerti con relativi backstage, testimonianze dallo storico tour in Cina nel 1985 e filmati inediti dei due inseparabili amici catapultati dai quartieri popolari del nord di Londra agli stadi di tutto il mondo. Le stesse voci di Ridgeley e Michael guidano la visione in un dialogo ovviamente ricostruito a tavolino, ma che ci sembra avvenga “in diretta”, mentre le immagini scorrono, con l’autenticazione documentaria degli scrapbooks (album dei ricordi) della mamma di Ridgeley. Sapientemente, gli audio di Ridgeley, registrati nel corso della realizzazione del documentario, mettono in prospettiva le testimonianze di archivio di George Michael, raccontandone la trasformazione da timido e impacciato adolescente Georgios Panayiotou (o Yog per Ridgeley) a popstar globale.

“Gli Wham! non potevano diventare di mezza età”: così commenta Andrew Ridgeley la separazione consensuale del 1986 dopo cinque anni di canzoni indimenticabili come Club Tropicana, Wake Me Up Before You Go Go, Freedom e Last Christmas e di look colorati, improbabili, svestiti che reagivano, senza pretendere di avere un messaggio politico e sociale, contro la repressione e il grigio dell’Inghilterra thatcheriana. Proprio questa apparente assenza di contenuto e la complementare affermazione di escapismo furono alla base del disprezzo dei critici che vedevano l’abbronzatura esibita sotto canotte fluorescenti o giacche di pelle, i capelli voluminosamente laccati, i video girati ad Ibiza a bordo piscina come una superficie sfarzosa per nascondere il nulla musicale. Critiche che, secondo Ridgeley, addoloravano George Michael e che, allo stesso tempo, lo motivavano a migliorare costantemente dal punto di vista artistico e commerciale. Oltre a proporre gli Wham! come il sogno della spensieratezza che non invecchia, Ridgeley è anche consapevole che, per Michael, rappresentavano una gabbia, non solo artistica, ma anche personale e sessuale, per la sua difficoltà a coniugare l’immagine pubblica di idolo delle teenager con il bisogno di vivere la sua omosessualità sempre più liberamente.

La componente sessuale è uno dei fili narrativi più interessanti del documentario a cui sarebbe stato interessante dedicare, se non maggiore spazio, sicuramente un approfondimento più consapevole. Come, per esempio, l’estetica degli Wham! si è inserita in un immaginario queer, prendendone a prestito alcuni elementi e contribuendo ad una sua ridefinizione? In che modo due uomini gay, al tempo entrambi non dichiarati come Michael e il regista Lindsay Anderson, si incontrarono/scontrarono per documentare il tour cinese in Wham! in China: Foreign Skies (1986), inizialmente affidato all’ex regista “arrabbiato”, ma successivamente completamente rimontato da George Michael?

Il controllo artistico che Michael aveva sempre preteso in vita sulle sue creazioni è un’altra delle questioni più interessanti del documentario, in cui spetta a Ridgeley recitare l’elegia per l’amico scomparso: sempre descritto come eterno secondo, Andrew continua nel documentario a costruire un’immagine diversa. Come nel suo memoir Wham! George & Me (2019), Ridgeley si ridefinisce, anche attraverso le testimonianze dello stesso Michael, come chi, dietro le quinte, ha contribuito in modo determinante alla metamorfosi di Yog e al suo successo commerciale. Non a caso, Wham! esce in contemporanea con la riedizione dei singoli nella raccolta Echoes From The Edge of Heaven e si chiude con il video di I’m Your Man rimontato con nuove immagini d’archivio.

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