Girls: la gemma di MTV ora su Now

 
 

Sono trascorsi undici anni dal 2012, quando gli adolescenti della mia generazione tornavano da scuola e accendevano la tv sulla compianta MTV (ora nel novero dei canali a pagamento di Sky). Verso l’ora di pranzo, infatti, si trovavano alcune tra le migliori serie di quel periodo, che facevano ridere e riflettere - ogni tanto anche piangere, sì - e in cui tutti ci potevamo in qualche modo riconoscere, perché non erano glamour e patinate, ma si avvicinavano alla vita vera.

In mezzo a Scrubs, Kebab for Breakfast e Skins, solo per citarne alcune, proprio dal 2012 sono arrivate su MTV le prime due stagioni della serie Girls, ora interamente disponibile sulla piattaforma streaming Now Tv

Creata, prodotta, interpretata e in parte diretta da Lena Dunham, Girls prende avvio dopo il successo del primo film di quest’ultima Tiny Forniture (2010). L’ideatrice, che interpreta la protagonista Hannah, ha preso ispirazione dalle situazioni della sua vita reale con lo specifico intento di mostrare - nel modo più verosimile e autentico possibile, a tratti anche spietato - ciò che delle giovani donne devono affrontare per realizzarsi umanamente e professionalmente in una società fagocitante e impietosa. Società sì di dieci anni fa, ma che non è poi così diversa da quella odierna, ancora alle prese con un’urgenza di femminismo e parità di diritti e di genere.

Nell’arco di sei stagioni quattro giovani ragazze alla metà dei loro vent’anni cercano di sopravvivere in una caotica New York tra drammi esistenziali, relazionali e professionali. Descritta così potrebbe sembrare molto simile a Sex and the City, ma con la serie degli anni Novanta Girls condivide solo il luogo geografico e sembra richiamare piuttosto il film femminista degli anni Settanta The working girls (Stephanie Rothman, 1974), anche se decisamente con meno leggerezza e più disincanto.

Hannah è una venticinquenne del Michigan che vive a Manhattan da qualche anno per diventare una scrittrice, portando avanti uno stage non pagato finché i genitori non le comunicano la loro decisione di non sostenerla più economicamente. Da qui ha inizio la vicenda della protagonista, che si interseca con quella di diversi personaggi, e nello specifico di tre altre girls appunto: Marnie (Allison Williams), amica del cuore di Hannah, che inizialmente lavora in una galleria d’arte, ma poi inseguirà il sogno di diventare una cantante professionista; Jessa (Jemima Kirke), vecchia compagna di college delle prime due, tornata nella Grande Mela dopo un periodo di assenza affrontando una tossicodipendenza irrisolta; Shoshanna (Zosia Mamet), cugina di Jessa e la più giovane del gruppo, ancora alle prese con gli studi e un grande bisogno di affermazione.

I rapporti tra di loro sono complessi e sfaccettati e, pur nell’affetto che le lega, il fil rouge è sempre l’incomprensione e la conflittualità. Concentrate primariamente su se stesse e viziate - è da considerare, infatti, che sono tutte provenienti da famiglie borghesi - le protagoniste fanno notare alle altre (e agli altri) quello che in realtà odiano inconsciamente di loro stesse, in una frenesia di vita, tra fallimenti e insuccessi, difficile da controllare.

L'aspetto più interessante di Girls, e che la differenzia da tutte le altre serie dramedy del genere, è infatti che le protagoniste per la maggior parte del tempo non sono per niente simpatiche, hanno tutte forti lati insensibili ed egocentrici. Tuttavia riescono a suscitare empatia proprio per le loro nevrosi e le loro contraddizioni, in una coerenza paradossale ma che fa trasparire autenticità. Del resto tutti a volte siamo odiosi, tutti abbiamo dei lati del carattere poco amabili, e può accadere che con il nostro comportamento finiamo per allontanare le persone che più ci amano e ci sono vicine. 

Emblematico in questo senso è il rapporto che Hannah ha con Adam (Adam Driver), l’unico dei tanti uomini a essere una costante nella sua vita, in un modo o nell’altro. Se all’inizio la loro relazione è indefinita e incentrata primariamente sul sesso, la dinamica tra i due si evolve e si trasforma. Dopo diverse peripezie i due si mettono stabilmente insieme, ma presto questa nuova situazione si spezza, perché entrambi sono persone con enormi ferite, che insieme non riescono a sanare. Le loro vite si intersecano e si inseguono fino alla fine, nello struggimento e nella speranza di un ricongiungimento che non può avvenire, come spesso accade nella vita reale.

E alla fine questa è la forza di Girls: pur utilizzando tipiche forme narrative drammatiche che fanno rimanere lo spettatore incollato allo schermo, non vengono mai lesinate le parti più scomode e fastidiose della vita. Tra litigi, malintesi, tradimenti, dipendenze, malattie veneree, gravidanze, la serie è un flusso incalzante a tratti delizioso, a tratti disturbante, che ci fa riflettere su noi stessi e sui rapporti che abbiamo instaurato nel corso della vita (e che forse dovremmo interrompere). Le protagoniste sono immerse in una nevrosi collettiva, inseguendo continuamente qualcosa senza mai essere pienamente soddisfatte: quello che sembra il destino di tutto il genere femminile (e forse anche maschile).

E dove porta tutta questa frenesia? In realtà non lo sappiamo, e solo crescendo come individui, e specialmente grazie al fallimento, riusciamo ad aggiustare il tiro e a trovare il coraggio di darci da fare per provare a realizzare i nostri sogni. Proprio come Hannah che, nonostante alla fine si ritrovi con una gravidanza da un rapporto occasionale e poi un bambino da crescere, accetta di essere diventata adulta e se ne va da New York.

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