The Killer: Fincher sacrifica la spettacolarità narrativa per la perfezione formale

 
 

Dopo quasi dieci anni dall’uscita di Gone Girl, David Fincher si rivolge nuovamente al genere che più lo caratterizza agli occhi del pubblico, il thriller. In effetti a un primo sguardo The Killer si presta perfettamente a un ritorno al Fincher ad alta tensione di film come Seven (con cui ha in comune anche la collaborazione di Andrew Kevin Walker alla sceneggiatura) e Zodiac. I primi venti minuti ricordano l’incipit di Fight Club, con la presentazione della monotona routine del protagonista (qui interpretato in maniera magistrale da Michael Fassbender) e la sua voce narrante che si rivolge direttamente al pubblico. Il sicario, meticoloso e perfezionista (come notoriamente è lo stesso Fincher), espone allo spettatore la sua filosofia di vita ed elenca le regole su cui basa la propria condotta. Tuttavia quando per la prima volta compie un errore e a farne le spese sarà la donna che ama, il killer intraprenderà una missione che lo porterà a infrangere una per una le regole che si è autoimposto, cominciando da quella di combattere solo per un ritorno economico. 

Allo spettatore che si aspettava un Fincher sulla falsariga di Seven lo svolgimento lineare e metodico di The Killer potrà sembrare fin troppo convenzionale, a partire dalla trama perfettamente in linea con il genere revenge movie alla John Wick o Io vi troverò. In effetti The Killer sembra una versione autoriale del tipico film con protagonisti estremamente competenti e praticamente invincibili che si trovano per la prima volta coinvolti in prima persona dopo che un loro caro finisce nel mirino dei loro nemici (normalmente si tratta della partner, in un espediente narrativo così ricorrente da essersi guadagnato un proprio appellativo: “Women in Refrigerators”). 

La narrazione non è costruita per sorprendere lo spettatore come il finale di Seven, né per veicolare una riflessione sul consumismo della società contemporanea come in Fight Club (la presenza di brand come Starbucks, McDonald’s e Amazon sembra più un ammiccamento ai fan che una seria critica, così come il nichilismo professato dal protagonista). La linearità della trama e la mancanza di un messaggio più profondo sono però funzionali alla creazione di un prodotto stilisticamente perfetto, quasi una lezione di virtuosismo che Fincher ha voluto mettere in campo. Ogni elemento, dal sound design alla scelta delle inquadrature, dalla precisione del montaggio agli impercettibili movimenti di macchina che seguono ogni minimo gesto dei personaggi, è utilizzato allo scopo di catalizzare l’attenzione dello spettatore. 

Nello sfoggio di maestria operato da Fincher la narrazione è secondaria, se non irrilevante. Il film non vuole veicolare un messaggio preciso, ma la sua perfezione realizzativa è in sé stessa il messaggio (rielaborando la massima luhaniana). E se soppesata in quest’ottica l’operazione è riuscita perfettamente, già dai suoi primi venti minuti, che, con il monologo interiore di Fassbender, hanno tutte le carte in regola per essere ricordati come un esempio di grande cinema. 

Certo, sebbene la perfezione formale di questo prodotto Netflix non possa lasciare indifferenti (Fincher è troppo abile nella sua arte per non essere in grado di coinvolgere lo spettatore), tuttavia la sua natura primariamente votata all’intrattenimento rischia di incontrare le perplessità di parte del pubblico, soprattutto formato dai suoi fan. Un destino analogo quest’anno è toccato all’ultima fatica di un altro amatissimo (e antitetico) autore: Asteroid City di Wes Anderson. Non si potrebbe pensare a due registi più diversi, eppure entrambi si sono ripiegati su una riflessione stilistica, cui hanno per così dire sacrificato narrazione e coinvolgimento dello spettatore. Sarebbe utile porsi delle domande se due grandi come Fincher e Anderson, con le dovute differenze, entrambi significativamente impegnati in una collaborazione con Netflix, hanno sentito il bisogno di riflettere sulla forma filmica, anche a costo di alienarsi parte del pubblico

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