L’Amore che non muore - Un rocambolesco coup de folie firmato Gilles Lellouche su Prime Video

Una musicassetta con le iniziali di Clotaire (François Civil) e Jacqueline (Adèle Exarchopoulos), giovani amanti immersi nella temperie new wave dei Cure come in un teen movie che sa di iconico amarcord. L’Amore che non muore è, invece, tanto più di un teen movie; è un incessante deragliamento stilistico e narrativo che non accetta stasi e deborda in un imperfetto e incandescente tourbillon de vie. Quelle che esplodono a pieno schermo sono tracce di memoria che resistono all’effetto “madeleine” ed esondano, con furiosa incontinenza, in un dionisiaco e disperato canto a due. 

Dramma che sfuma nel melò, con un incipit da gangster movie che poi si trasforma in rom-com generazionale, attraverso intermezzi coreografati e sequenze ad alto tasso di sfrontato lirismo. C’è di tutto, c’è decisamente troppo, nel film di Gilles Lellouche, adattamento del romanzo Jackie Loves Johnser Ok? di Neville Thompson, sceneggiato dal cineasta francese insieme ad Ahmed Hamidi e Audrey Diwan; questo però è il suo bello, perché è un accumulo ipertrofico e stordente che tiene incollati allo schermo senza riserve. Il titolo originale rende merito, molto più del nostro semplicistico “amore che non muore”, a un sentimento acceso, urlato, incurante del tempo e di un ambiente che è geografia d’azione pura, in un non meglio identificato paese portuale del nord della Francia. Questo luogo diventa assai presto spazio sociale ben caratterizzato che mette in scena la crisi di valori di una generazione “fou” e una plastica rappresentazione del conflitto fra la working class e la piccola borghesia. 

Non ha bisogno di working class hero, però, il quarto film dell’attore francese Gilles Lellouche (sei anni dopo 7 uomini a mollo), perché Clotaire, giovane teppista figlio di un operaio, non esita ad assaltare un portavalori durante uno sciopero organizzato dai portuali e nemmeno Jackie, orfana di madre, si preoccupa troppo di salvaguardare i propri valori per compiacere il genitore comprensivo che le rimane. Niente paladini, ma solo antieroi che strepitano, si braccano e si cercano senza sosta. Ai due non resta che amarsi in un chiassoso luna park di musica e suoni (ci sono i Cure e Billy Idol, ma anche i i Daft Punk, i Deep Purple e brani originali scritti da Philippe Katerine), rumori assordanti, luci, colori e poetiche coreografie urbane, in un tempo senza tempo che va avanti e si riavvolge come la proustiana musicassetta accalappiaricordi.

Psicodramma bulimico che non conosce tregua, L’Amore che non muore mescola registri diversi, spalmati su una narrazione che si dipana a strati, colmando di pienezza visiva persino gli “spazi vuoti” del racconto. Bello, imperfetto ma con un’anima, anzi, con tante anime quante sono le sfumature del sentimento che lega i due amanti sovversivi. Il film di Lellouche, quasi un fumetto in movimento schizzato di violenza sanguinaria e carico di umori grondanti, oscilla tra una certa tragedia iperstilizzata e un action movie di notevole spessore e riesce perfettamente nell’intento di creare un notevole coinvolgimento nello spettatore, chiamato a sospirare di fronte a una visione ingenua del sentimento giovanile e a divertirsi in tale ribollente calderone. 

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