Il nemico: crisi coniugale su sfondo distopico

 
 

Ci sono progetti che nascono sotto i migliori auspici, quelli per cui non possiamo non crearci altissime aspettative. Se, ad esempio, sappiamo che la sceneggiatura è scritta a quattro mani da Garth Davis (già regista dell’acclamato Lion, candidato a sei premi Oscar e vincitore di due BAFTA) e Iain Reid (autore del romanzo Sto pensando di finirla qui, adattato da Charlie Kaufman per Netflix), saremo portati a ben sperare per la riuscita dell’adattamento. Quando poi scopriamo che i protagonisti sono i due attori irlandesi più importanti della loro generazione, Saoirse Ronan e Paul Mescal, non nutriamo più alcun dubbio sulla riuscita dell’opera.

Ambientato in un futuro non troppo lontano, il 2065, Il nemico (Foe) inserisce la crisi matrimoniale di Hen (Ronan) e Junior (Mescal) in una cornice desolante e terribilmente plausibile: la terra arsa di una zona rurale ormai in abbandono, squassata da tempeste di sabbia e in preda alla siccità. La routine della coppia si divide tra la soffocante realtà domestica e l’alienante attività lavorativa (lei in un classico diner americano, reliquia di un tempo passato, lui in un asettico macello industriale). A parte qualche rara comparsa anonima, tutta la narrazione si concentra sui due coniugi. Per questo risulta ancora più estranea la presenza di Terrance (Aaron Pierre), un rappresentate della OuterMore, agenzia governativa deputata all’insediamento umano nello spazio. Junior è stato scelto per far parte di un progetto sperimentale che durerà un anno, e questo non fa che aumentare le tensioni tra i due coniugi.

Nonostante i migliori auspici e le notevoli performance di Ronan e Mescal, Il nemico non si rivela del tutto all’altezza delle aspettative. Il film offre in effetti molti spunti interessanti: la difficoltà a conciliare l’immagine idealizzata della persona amata e il suo essere reale, le conseguenze devastanti e inevitabili del cambiamento climatico, le problematiche morali legate all’intelligenza artificiale, l’alienazione dell’individuo nella società capitalista. Tuttavia rimangono quasi tutti abbozzati, non ben intrecciati nella narrazione e incoerenti gli uni con gli altri. Sembra che vi sia un’indecisione di fondo su quale sia il tema portante dell’opera, il perno su cui far ruotare tutte le sotto-tematiche. L’attenzione alle dinamiche del rapporto tra Junior ed Hen fanno sì che l’elemento distopico rimanga poco più che una cornice. D’altra parte la scelta di utilizzare come incidente scatenante la notizia dell’arruolamento di Junior al programma spaziale, così come l’ellissi temporale tra questo avvenimento e il ritorno di Terrance in prossimità della partenza di Junior, fa sì che le parti più salienti del dramma coniugale (le origini della crisi e il rappacificamento avvenuto nell’anno successivo alla prima venuta di Terence) non vengano mostrate allo spettatore, che viene lasciato di fronte alle conseguenze di un fuori campo che non verrà mai a conoscere del tutto.

Vi sono senz’altro elementi meritevoli, oltre alla performance dei due protagonisti. Particolarmente interessante la riflessione metalinguistica messa in campo nel momento in cui Terrance segue Junior nella sua routine quotidiana, riprendendolo con un dispositivo che si presenta come una macchina da presa ridotta al minimo comune denominatore, l’obiettivo-occhio. Il crescente disagio di Junior, la frustrazione dovuta a quella che vive come una violazione, restituiscono efficacemente una delle più longeve questioni legate al mezzo cinematografico, presente fin dalle sue origini (in Germania la diffusione del cinema diede inizio al primo dibattito sul diritto legale alla propria immagine, culminato nella proclamazione di una legge apposita nel 1907).

Il finale risolutore, che dovrebbe portare chiarezza laddove la narrazione ha seminato mistero, è ben costruito, ma non risolve del tutto le mancanze precedenti. Forse al film gioverebbe una seconda visione, per apprezzare meglio il dispiegarsi della trama, senza il sottofondo di confusione che accompagna la prima visione.

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