Il Problema dei 3 Corpi: Netflix e il nuovo millenarismo tecnocratico

 
 

L’attesissimo adattamento della trilogia hard sci-fi di Liu Cixin 3 Body Problem, ideata da David Benioff e D. B. Weiss (Game of Thrones) insieme ad Alexander Woo, sintetizza la vastità scientifica raccontata nel romanzo, piegando alle logiche produttive di Netflix il fascino di un escapismo letterario catastrofista.

Il racconto è complesso: dopo aver visto morire il padre durante la rivoluzione culturale cinese del 1966, la scienziata Ye Wenjie viene deportata in Mongolia e lì, rassegnata ormai alle storture di un mondo in cui non si riconosce più, avvia un primo contatto con gli alieni. Dimostratisi ostili alla specie umana, gli extraterrestri raggiungeranno la Terra solo fra 400 anni, ma un gruppo di cinque giovani scienziati dei giorni nostri cercherà di carpirne le intenzioni, barcamenandosi tra teorie fisiche, nanotecnologia e visori per la realtà aumentata.

Nei suoi otto densi episodi, spesso rinchiusi in una stasi narrativa a compartimenti stagni (fatto dovuto in parte alla complessità del romanzo di partenza e in parte alla forzata compressione delle vicende in diverse timeline), Il Problema dei 3 Corpi è come un organismo claudicante che fatica a reggersi in piedi e a rimanere stabile: troppo distante dall’eleganza di Dark e dalle risonanze filosofiche dei film di Claire Denis (High Life) o di Alex Garland (Annientamento) e più proiettato verso una sterile spettacolarizzazione di qualsiasi evento raccontato nel libro.

Il problema più serio, per un prodotto che avrebbe dovuto saldare insieme i termini “vastità” e “prospettiva”, utilizzati addirittura da Barack Obama nell’elogio sperticato del romanzo, è proprio l’andamento troppo blando e poco avvincente, la successione di sequenze patinate e  iperboliche, tipiche delle produzioni Netflix, che mal si combinano ad una scrittura che risente dei pesanti tempi morti – ad esempio le lunghe sessioni di “gioco” in cui i personaggi cercano di scovare i segreti alieni dietro al casco del visore – e di uno sbilanciamento verso l’enfasi a tutti i costi, sia essa virante verso il melodrammatico o la tensione apocalittica. 

Il marchio HBO, riconoscibile solo se si guardano i nomi dei produttori e di qualche attore, sparisce di fronte a una storia che vuole raccontare troppo, in troppo poco tempo, arrivando a creare un meccanismo tensivo che funziona a corrente alternata, anzi, che si esaurisce già dopo il terzo episodio, primo climax apocalittico della vicenda.  Al netto di sequenze particolarmente riuscite e di episodi ad alto tasso adrenalinico che mescolano azione spettacolare e sangue (episodio 5), Il Problema dei 3 Corpi si trascina stancamente proprio perché non vi è un equilibrio nella sintesi raggiunta. 

Molti elementi portanti del libro vengono sacrificati a scapito delle trovate ad effetto e i personaggi soffrono di più di uno stereotipo: dalla fin troppo affascinante esperta in nanotecnologia Auggie, all’imprenditore nerd (non presente nel romanzo) che prova ad alleggerire i toni cupi con un’ironia fuori contesto; a completamento del quadro, sbuca fuori anche una parentesi melò abbastanza tediosa, quella in cui Will, sapendo di essere condannato a morte certa, cerca di raggiungere le stelle con l’aiuto di Jin, il suo amore segreto, la scienziata irreprensibile dal cuore di diamante. 

Insomma, la troppa carne al fuoco azzera il respiro cosmico della serie, che avrebbe potuto avere un registro univoco, personaggi più intensi, tempi meno dilatati e più concentrati sull’affascinante confine che separa la finzione immaginativa dal tono troppo accademico della scienza. Un punto a favore de Il Problema dei 3 Corpi è invece la capacità degli ideatori di snellire il glossario scientifico per rendere la serie più accessibile a tutti e meno ermetica, pur trattandosi di un racconto di hard sci-fi. La fantascienza filosofica e apocalittica è lontana, così come lontani sono gli standard autoriali raggiunti da serie Netflix che sono diventate subito instant cult come Dark e che avrebbero potuto aprire più di una breccia produttiva per colmare il vuoto di genere sulla piattaforma. 

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