Netflix in Europa: tra localismi e identità cosmopolite

 
 

Oggi Netflix è presente in più di centonovanta paesi. Salutato con allarmismo da alcuni, con fiducia da altri, il gigante dello streaming si è imposto a livello internazionale e ha cambiato profondamente le abitudini di fruizione dei contenuti audiovisivi. Ma come si può coniugare questa dimensione globale di Netflix con la necessità di offrire narrazioni adatte ad un pubblico estremamente variegato?

Netflix nasce nel 1997 in California, fondata da Reed Hastings e Marc Randolph, come servizio di noleggio di VHS. Più avanti si trasforma in sito di streaming e solo nel 2011 comincia a proporre contenuti originali. Sempre nello stesso periodo ha inizio un’espansione territoriale che porta Netflix a sbarcare sia in Europa che nel resto del mondo, arrivando oggi ad essere presente in numerosi paesi (per l’appunto oltre centonovanta), esclusi Cina, Corea del Nord e Siria; inoltre dall’inizio della guerra in Ucraina il servizio è stato sospeso in Russia.

Quella che oggi è senza dubbio l’azienda leader nel settore dello streaming audiovisivo ha dovuto scontrarsi con diversi ostacoli nella sua fase di espansione: barriere linguistiche, problemi legati ai diritti di trasmissione – ad esempio in Italia i diritti di House of Cards (2013 – 2018) erano detenuti da Sky – limiti infrastrutturali, ma soprattutto la mancanza di prodotti locali.

Questi motivi spingono Netflix ad avviare nel 2015 una produzione originale in tutta Europa. Da un lato la volontà è quella di offrire rappresentazioni locali, che abbiano al centro riferimenti culturali e talenti nazionali e che possano catturare l’interesse dei vari pubblici europei. Dall’altro lato, nel corso degli anni Netflix e le altre piattaforme si ritrovano a tutti gli effetti obbligate a proporre nei propri cataloghi titoli locali, originali e non. La direttiva europea Servizi Media Audiovisivi, introdotta nel 1989 ma aggiornata più volte nel corso degli anni, obbliga, infatti, i servizi non lineari a riservare parte dei propri cataloghi a titoli europei, nonché a investire parte dei ricavi realizzati nei singoli stati nel finanziamento di film e serie europei.

È quindi una combinazione tra strategie commerciali e obblighi di legge a spingere Netflix ad arricchire il proprio catalogo con una ricca produzione originale europea, film e serie che in molti casi sono diventati delle vere e proprie hit della piattaforma. Si parla molto spesso di “glocalismo”, in relazione a questi titoli che utilizzano strutture narrative universali per raccontare contesti socioculturali di specifici territori.

Se guardiamo all’Europa possiamo pensare innanzitutto al caso italiano e a una serie come Suburra (2017 – 2020) che, seguendo le orme delle altre serie crime italiane che l’hanno preceduta, di grande successo all’estero, racconta la criminalità organizzata di Roma. Oppure Baby (2018 – 2020), che a sua volta parte da fatti realmente accaduti in Italia per poi vestire i panni del teen drama d’appeal internazionale.

È una dialettica che vale in generale per tutta la produzione europea di Netflix, che a volte si rifà direttamente all’heritage culturale locale – è il caso di Lettera al re (2020), serie olandese tratta dall’omonimo romanzo per bambini della scrittrice Tonke Dragt, molto popolare nei Paesi Bassi – o che si inseriscono in tendenze fortemente localizzate – come le serie scandinave, quali L’uomo delle castagne (2021), ascrivibili alla più ampia corrente del Nordic noir.

Le serie Netflix europee, quindi, attraverso una negoziazione tra volontà di rappresentazioni eterogenee e logiche dell’algoritmo, sono riuscite, fino ad oggi, a raccontare identità locali ben definite e in molti casi sintomatiche anche di problematicità nazionali.

Un caso interessante è la recente serie tedesca 1899 (2023), esempio di prodotto locale – in quanto realizzato in Germania – che però si rivela ben presto racconto di una più generale identità europea. Ambientata su una nave in viaggio dall’Europa a New York, la serie ha per protagonisti numerosi personaggi di diversa nazionalità, che si ritrovano a condividere una terrificante avventura. Questa multiculturalità si riflette anche nella lingua – la serie è parlata in tedesco, inglese, francese, spagnolo, polacco, etc. – e nella provenienza degli attori. Proprio l’eterogeneità linguistica e culturale, che nel corso degli episodi è sia origine di contrasti tra i protagonisti sia punto di forza, fa di 1899 una rappresentazione della multiculturalità europea. La nave al centro della serie diventa così metafora del continente, con le sue diversità, ma anche con le sue contraddizioni e i suoi conflitti culturali interni.

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