Bottoms: la nuova high school romcom di cui avevamo bisogno

 
 

Dieci cose che odio di te, Mean girls, She’s the man. La lista potrebbe continuare a lungo e conterrebbe alcuni dei titoli più iconici e amati di un filone che, a modo suo, ha segnato il passaggio di un’intera generazione teen dagli anni ’90 agli early 2000s. L’high school romcom è stato esplorato in lungo e in largo, ha sfruttato ogni tipo di stereotipo adolescenziale possibile ed immaginabile fino a ridursi ad una lunga scia di titoli perlopiù dimenticabili (e sicuramente non rivoluzionari). Ed è proprio quando questo genere sembrava non avere più nulla da dire che Emma Seligman decide di usarlo per il suo secondo lungometraggio, regalandoci Bottoms.

Vivere all’altezza delle aspettative createsi dopo il suo film d’esordio Shiva Baby (2020) era già una sfida degna di nota, ma farlo con un film di liceali lesbiche e sfigate assetate di rivalsa (e non solo), avrebbe fatto tremare anche i sostenitori più fedeli della giovane regista. La Seligman però riesce a fare centro, aggiungendo alla bruciante ironia già utilizzata in Shiva Baby anche un umorismo attualissimo e la capacità di plasmare un archetipo ampiamente conosciuto dal pubblico rendendolo qualcosa di totalmente inedito.

Un americanissimo liceo fa da sfondo ai tentativi di PJ (Rachel Sennot) e Josie (Ayo Edebiri) di scrollarsi di dosso lo status di eterne sfigate e, possibilmente, perdere la verginità prima dell’università. Per farlo, però, non ricorrono a makeover estetici bensì decidono di fondare un gruppo di autodifesa per ragazze volto a difendersi dal machismo dilagante della squadra di football. E poco importa che nessuna delle due sappia realmente lottare: basta fingere che Josie abbia passato l’estate in juvenile detention (detenzione minorile) per legittimarle come organizzatrici del corso. Durante i loro incontri pomeridiani, si forma un singolare gruppo di ragazze che include anche le più popolari del liceo (aka le eterne crush delle due protagoniste).

Ma se pensate di sapere già come andrà a finire questo film, sarete sorpresi. La narrazione, seppur sopra le righe, si adatta inizialmente ai canoni del genere per poi dirottare verso una direzione inaspettata e totalmente caotica che travolge lo spettatore. Bottoms ha uno di quei finali che si amano o si odiano, ma che sicuramente lasciano il pubblico a bocca aperta (nonché soddisfatto).

Ogni personaggio del film è alimentato dagli stereotipi del genere che vengono utilizzati in maniera consapevolmente ironica e brillantemente demenziale. In particolar modo, le interpretazioni di Rachel Sennot (che torna a brillare dopo il flop di The Idol) e Ayo Edebiri (recentemente pluripremiata per la sua interpretazione nella serie The Bear) rendono chiaro come ci si trovi di fronte a due stelle nascenti (ma in realtà già mature) del vasto panorama Hollywoodiano.

Bottoms non offre nessuna morale sulle difficoltà dell’essere adolescenti, né tantomeno sul passaggio alla vita adulta, ed è proprio questo a renderlo così brutalmente onesto. Seligman non ha paura di utilizzare umorismo e riferimenti propri di una Gen Z spesso bistrattata che riconosce in questo film una sorta di manifesto. Come già dimostrato in Shiva baby, la regista e sceneggiatrice sceglie come protagoniste della storia due membri della comunità LGBTQI+ complessi e sfaccettati. PJ e Josie non hanno niente da spartire con i piatti personaggi queer spesso usati come spalla comica dei protagonisti. Le loro pulsioni, menzogne, desideri e difetti le rendono motori drammatici eccellenti, e il loro orientamento sessuale completa la loro identità senza diventare un tratto totalizzante e stereotipato.

Da questo film impariamo ad aspettarci di tutto dai progetti sviluppati da Emma Seligman tranne che rimanerne delusi. Bottoms è una pellicola irriverente, sinceramente queer e sorprendente che ci dimostra come un genere non è mai veramente esaurito finché qualcuno ha il coraggio di portare una ventata d’aria fresca e, perché no, stabilire dei nuovi standard.

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