High Potential: alto potenziale per donne comuni

Anche la serialità è soggetta ai remake, lo abbiamo visto con Call My Agent, con Your Honor e presto lo vedremo con Doc che approda negli States in una versione femminile. Caso fortunato, e addirittura più avvincente dell’originale è quello di High Potential, remake della francese Morgane, detective geniale da poco conclusasi nella sua diffusione settimanale su Disney+.

Vicende collaterali, nomi, solo un minimo americanizzati, e caratteristiche dei personaggi sono identiche: Morgan Gillory (Kaitlin Olson) è una madre separata con tre figli che lavora come donna delle pulizie per la Los Angeles Police Department. Morgan è dotata di un alto potenziale cognitivo e nota studiando le prove dei casi, ciò che sfugge agli agenti. Viene assunta come consulente e accetta a patto che il suo capo riapra il cold case riguardante la scomparsa del suo primo marito.

In High Potential il crime si mescola al dramma e alla commedia dando vita ad uno show di puro intrattenimento che, seppur senza troppe pretese, finisce per conquistare il pubblico e fargli desiderare il binge watching negato dal fatto stesso che negli USA la serie fosse trasmessa su ABC e non su piattaforma. Morgan è irresistibile: seducente, spigliata, geniale, molto meno pasticciona ed esuberante della sua sorella francese. La sua comicità non è mai sopra le righe ma è sufficientemente mordace da dare carattere e personalità al personaggio. Quando la neo detective diventa partner dell’agente Adam Karadec (Daniel Sunjata) la chimica lavorativa ed intellettiva diventa un punto di forza della produzione. Ma perché, al di fuori del suo grande talento e della sua mente superiore, Morgan piace tanto? Perché è una donna qualunque, imperfetta e piena di problemi. Una madre che non merita medaglie ma che fa del suo meglio per non far mancare nulla ai figli, una non professionista che diventa qualcuno con intelligenze e semplicità. E’ limpida, mai ambigua, empatica e altruista. Tutte queste caratteristiche, anche se possono sembrare scontate, segnano un punto di svolta per un personaggio che viene inserito in una serie che vorrebbe anche essere crime. Si tratta di una tendenza tipicamente europea quella di avere un occhio più personale e introspettivo sul privato dei personaggi che ricoprono un ruolo centrale in un prodotto di genere. Negli USA i poliziotti, o gli agenti dei servizi segreti sono uomini e donne con il distintivo interessati solo alla carriera e senza spazio e tempo per un privato che possa distogliere le loro attenzioni dal lavoro. Morgan, dunque, una bionda in tacchi e minigonna che sembra essere debitrice alla moda di Regina George e delle sue Barbie, risolve i casi più disparati dai rapimenti agli avvelenamenti, dagli omicidi per legittima difesa e a quelli preterintenzionali finché non trova lo psicopatico che vuole giocare con lei, con la sua mente brillante che vuole confondere e spiazzare in una corsa contro il tempo che mette a rischio la vita di colleghi e di persone care.

Drew Goddard, creatore della serie, porta il pubblico il più possibile vicino alle intuizioni della protagonista attraverso delle simulazioni di realtà che creino una confessione con la sua mente sensibile a ogni informazione immagazzinata, pur mostrando quanto l’alto potenziale cognitivo possa essere un carattere difficile da gestire e da accettare per chi non lo possiede. Ava, la figlia adolescente di Morgan, ad esempio, si sente inadeguata rispetto alla madre e al fratello minore, anche lui ad alto potenziale, esattamente come i colleghi di Morgan necessitano di tempo, arguzia e pazienza per stare dietro ai suoi ragionamenti. Ciò che è onnipresente e centrale nel percorso evolutivo dello show è la piena consapevolezza di come una diversità, per quanto utilissima nelle indagini, non renda speciale o eroico un personaggio. Morgan non è un mito, un genio, una persona su cui scommettere per creare un business, ma una risorsa aggiuntiva per far funzionare il lavoro in team di un gruppo eterogeneo e umano che non ha paura di mostrare le proprie fragilità e di chiedere aiuto.

Una seconda stagione di High Potential è ovviamente dietro l’angolo e sempre più lanciata verso un distacco dallo script della versione francese. Infatti, se i primi dei tredici episodi della stagione erano aderenti anche nelle trame crime all’originali, appena ci si discosta, la produzione americana assume una sua sempre più pregnante e autonoma personalità.

High Potential è per chi è alla ricerca di un ibrido che diverta con intelligenza e di tanto in tanto emozioni senza troppa retorica.

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