House of Guinness: l’eredità dei Guinness tra intrighi, rivoluzione e un bicchiere di birra su Netflix

Versare una birra è un’arte. Non bisogna avere fretta e riempire interamente il bicchiere quando ancora sfrigola per la gioia di essere stata liberata dalla pressione del tappo. È preferibile versarla piano per poi lasciarle il tempo di assestarsi. È quello che Edward (Louis Partridge), il figlio più giovane della famiglia Guinness, definisce il “minuto Guinness”: pochi istanti di dolce attesa e di amara riflessione, prima di poter gustare il nettare degli dei. Edward parla di birra perchè è tutto ciò che conosce fin dalla nascita, essendo uno dei quattro figli di Benjamin, colui che ha portato l’azienda a diventare sinonimo della grandezza Irlandese, ma quel minuto Guinness descrive anche la situazione in cui riversa la sua amata patria. L’Irlanda è in un momento di delicato stallo, sospesa tra fuochi avversari, tra chi desidera la sua indipendenza dall’Inghilterra e chi la vorrebbe più radicata nelle sue tradizioni. L’azienda Guinness è situata proprio al centro di questa tensione, è il peso che decide in che verso può andare la bilancia.

Firmata da Steven Knight (nella sua seconda creazione dell’anno dopo A Thousand Blows, disponibile invece su Disney+), House of Guinness, cavalcano la scia di serie come Succession e The GIlded Age (da una prende il dramma famigliare e dall’altra l’intrigo degno dei tabloid più scandalosi), comincia proprio con la morte di Benjamin Guinness, che lascia l’azienda e un posto in parlamento nelle mani dei suoi figli. Tutti sembrano voler approfittare dell’insperienza di Edward, Arthur (Anthony Boyle), Anne (Emily Fairn) e Benjamin (Fionn O’Shea), per manipolarli a proprio piacimento, ma gli eredi Guinness, con l’aiuto del consigliere e guardia del corpo Rafferty (James Norton) sono pronti a difendere l’orgoglio di famiglia, anche a costo di perdere loro stessi per la strada.

La serie, come il paese in cui è ambientata, è vittima di molteplici tensioni identitarie. Una su tutte, quella tra Inghilterra e Irlanda, che se rappresenta uno dei temi determinanti della serie con la tensione tra la resistenza feniana e la famiglia Guinness, la scelta di attori londinesi per interpretare alcuni dei personaggi principali appare inspiegabile, considerato il ricco parterre di attori irlandesi che si è fatto strada negli ultimi anni nella serialità e nel cinema. House of Guinness fatica anche a scegliere la sua reale dimensione storica. Ogni volta che una somma di denaro viene nominata, dell’ingombrante testo annuncia quanto sarebbe l’equivalente contemporaneo, giusto per evitare allo spettatore il calcolo. Sul piano della musica invece si passa con facilità e senza una vera decisione da canzoni della tradizione irlandese o che comunque risultano storicamente accurate a pezzi del gruppo rap Kneecap, ma i guizzi nella modernità sono talmente sporadici da assomigliare più a dei jumpscare che a un vero tentativo di rendere la serie digeribile a un pubblico non avvezzo ai period drama.

House of Guinness non ha tuttavia la pretesa di essere una serie storica nel senso stretto del termine, la sua ispirazione è libera e spesso esterna alle pagine Wikipedia delle controparti reali, vista anche l’aggiunta di personaggi di pura invenzione come Rafferty e la rivoluzionaria feniana Ellen Cochrane (Niamh McCormack). Ciò che interessa alla penna di Steven Knight è creare un’epica saga familiare, fatta di intrighi politici, tradimenti e storie d’amore impossibili e il risultato è una delle serie Netflix più appassionanti e magnetiche degli ultimi anni.

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