Io sono la fine del mondo – Un blando cinismo che non è cinema

Arriva su Netflix l’esordio cinematografico di Angelo Duro, comico palermitano che da circa sette anni ha reso popolare il proprio umorismo, tra one man show teatrali (Perché mi stai guardando?), ospitate TV (in principio fu Le Iene) e come coprotagonista cinematografico a fianco di Fabio De Luigi (Tiramisù).

In questo 2025 è toccato anche a lui l’esordio su grande schermo, passaggio obbligatorio per tutti i comici TV o da canala YouTube. Ma non è matematico che tutte le maschere che funzionano in rete o sul piccolo schermo funzionino anche in sala. Il cinema, anche quello comico (se fatto con tutti i crismi) deve avere i suoi tempi, le sue pause, il montaggio e il ritmo giusto di gag e battute, ma troppo spesso nel panorama italiano degli ultimi anni pare sia sufficiente (ai produttori e a un certo tipo di pubblico) il nome e la faccia nota, come alibi per passare sopra a qualsiasi sciatteria registica e di scrittura.

Io sono la fine del mondo, è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 9 gennaio scorso e al box office si è piazzato tra le prime posizioni (il 5 febbraio era ancora al terzo posto dopo Genovesi e Mangold).

Gennaro Nunziante, colui che ha contribuito alla nascita su grande schermo del fenomeno Zalone, pare sia stato ormai delegato a regista di fiducia per lanciare o confermare nuovi talenti comici. Nel 2018 con Fabio Rovazzi (Il vegetale) gli andò maluccio, mentre tra il 2022 e il 2023 riuscì a piazzare buoni incassi con la coppia Pio e Amedeo.

 Lo stand-up comedian Angelo Duro, viene presentato come uno dei fenomeni cinematografici italiani dell'anno e per ciò va visto e studiato. Io sono la fine del mondo non è un film comico o grottesco, Duro non lavora sulla caricatura scorretta o sull'iperbole nonsense, come I soliti idioti e Maccio Capatonda, e non va scambiato nemmeno per il nuovo talento da commedia sbanca botteghino, quale è stato Checco Zalone fino a cinque anni fa. Duro porta al cinema un umorismo che volutamente non vuole divertire ma indignare, attraverso una formula monocorde di messa in scena e un grado zero di scrittura (suoi pure la sceneggiatura e il montaggio). Lo specchio di una società incupita e al tempo stesso antidoto al politically correct, quindi una figura da analizzare attentamente, peccato solamente che il film non funziona sotto qualsiasi punto di vista. Non c'è un'idea di cinema in 96 minuti di durata, la sua maschera statica e crudele diventa presto monotona e poco incisiva e soprattutto il moralismo che affiora si mangia ogni intenzione bieca e distruttiva. Una non-comicità piatta e svuotata di qualsiasi senso, è forse ciò che ci meritiamo?

Il modello a cui pare voler ambire Duro è Giorgio Montanini, lui sì un talento intelligentemente distruttivo e crudele. Se Montanini provoca, indigna e imbarazza con il suo urticante umorismo ad ogni performance teatrale, Duro lancia sterili sfottò che hanno fatto alzare il sopracciglio, probabilmente, a certi paladini della woke culture (è stato accusato di sessismo, omofobia e body shaming).

Per satireggiare realmente sul rapporto tra società, famiglia, anziani e RSA, ripassare l'episodio Come una regina, contenuto ne I nuovi mostri.

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