Narvik - Il prezzo della vittoria

 

È il 1940 e mentre gli occhi sono puntati sull’invasione tedesca del continente, una piccola cittadina sulle coste norvegesi si trova costretta a combattere una guerra in cui non voleva essere coinvolta. Narvik (Netflix) è il nome di questa città portuale e del nuovo film di Erik Skjoldbjærg (Insomnia, Pyromaniac) che parla di questa neutralità violata e delle sue devastanti conseguenze. Durante le prime fasi della Seconda guerra mondiale Narvik era diventata il punto strategico per imbarcare il ferro proveniente dalla Svezia e usato dall’industria bellica tedesca. Con la Gran Bretagna intenta a fermare questo trasporto, la città si trova fra i due fuochi incrociati dei tedeschi e degli Alleati. 

La battaglia per il controllo di Narvik, durata dall’aprile al giugno di quell’anno, e il suo resoconto storicamente veritiero, è seguita tramite il punto di vista di due personaggi, le cui vicende corrono su binari narrativi paralleli per gran parte del film. Da una parte c’è Gunnar Tofte (Carl Martin Eggsbø), un caporale che fa parte di una guarnigione che va a combattere al fianco degli Alleati nei dintorni di Narvik; dall’altra c’è sua moglie Ingrid (Kristine Hartgen) che, con il figlio Ole (Cristoph Gelfert Mathiesen), è invece costretta non solo a rimanere in città ma anche a fare da interprete per i comandanti tedeschi, essendo tra le uniche persone nel paese a conoscere la lingua. 

La mano del regista, solito a dirigere film con una forte componente psicologica, è particolarmente evidente nella parte finale, che proprio per questo sarebbe stata più efficace se ad essa fosse stata dedicata qualche scena in più. L’annientamento delle truppe tedesche ha costituito senza dubbio “la prima sconfitta di Hitler”, come legge il sottotitolo originale del film, ma è giusto parlare di una vittoria per i norvegesi? Skjoldbjærg svela una triste verità: quella dei norvegesi a Narvik fu una vittoria breve e amara. Le forze alleate si ritirarono senza preavviso, lasciando la città in balìa della vendetta dei tedeschi, che infatti la rasero al suolo poco tempo dopo. I norvegesi avevano combattuto prima di tutto per la propria casa ma, come mostrano le immagini finali di una Narvik bombardata e abbandonata, l’hanno persa. La causa per cui erano stati tutti indotti a scontrarsi è stata ridotta in polvere. 

Narvik esce sulla piattaforma di Netflix poco dopo Niente di nuovo sul Fronte Occidentale (2022) e rientra nel suo stesso orizzonte di riflessione e di intenti. In un periodo in cui è inevitabile sentire la guerra vicina, non sorprende che l’adattamento cinematografico del libro di Erich Maria Remarque, scrittore antiguerra per eccellenza, sia anche tra i film in competizione per gli Oscar. Come quest’ultimo, il film di Skjoldbjærg, condanna la guerra svelando i suoi più grandi paradossi, qui ritratti nei due personaggi di Gunnar e Ingrid, parte della stessa famiglia ma costretti a combattere per i due fronti opposti, quando tutto quello che vogliono fare è tornare a casa. Rappresentano chi, senza poter decidere, è travolto dagli eventi storici e diventano un modo efficace per rivelare le implicazioni, a volte ignorate, che la guerra ha avuto e ha ancora oggi.  

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