Roberto Rossellini - I capolavori restaurati: per un cinema della resistenza

 
 

Tredici opere realizzate dal maestro Roberto Rossellini sono ora disponibili su Raiplay, un’occasione per riscoprire uno dei maestri assoluti della storia del cinema non solamente limitandosi al versante neorealista (sicuramente quello maggiormente noto ai più), ma anche indagando opere documentarie di carattere socio-antropologico e politico e drammi esistenziali, nonché allegorie grottesche sull’Italia postbellica.

I tredici film in questione, presentati nella loro versione restaurata (grazie al lavoro operato presso le principali cineteche italiane), ripercorrono cronologicamente le tappe più importanti della carriera del grande cineasta romano, un maestro che è stato in grado di influenzare e modificare il corso della storia del cinema, con un linguaggio spoglio, rigoroso ed essenziale.

La selezione si apre con i suoi tre manifesti neorealisti, Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero, dove, specialmente nel primo titolo, è possibile rinvenire gli echi del realismo poetico di Jean Renoir. La resistenza partigiana e il senso di liberazione, anche a costo della propria vita, che permeano Roma città aperta, pur essendo vicini a quelli contenuti in La grande illusione di Renoir, vengono elaborati in maniera decisamente personale e formalmente originale (nonostante i pochi mezzi a disposizione). Oltre all’immortale sequenza della morte di Anna Magnani, il film va ricordato anche per l’impiego di Aldo Fabrizi nel suo primo vero ruolo drammatico. Inoltre, pur essendo l’autentico manifesto del neorealismo rosselliniano, funge da ponte verso il futuro neorealismo rosa, con il gag della padellata opportunamente relegato al fuori campo.

Altra trilogia fondamentale, presente nella collezione di film restaurati, è quella con protagonista Ingrid Bergman e composta da Stromboli (terra di Dio), Europa 51 e Viaggio in Italia, alla quale è possibile però aggiungere La paura, allargandola così a tetralogia psicanalitica sulla lacerazione morale della donna. In antitesi con la diva popolare Anna Magnani (divinizzata nell’episodico e fondamentale L’amore), Ingrid Bergman è la diva nordica, algida e borghese, protagonista di una serie di film che lavorano sul concetto di grazia divina come raggiungimento di una sorta di follia mistica francescana.

Ma Rossellini ha anche affrontato il registro del grottesco e lo testimonia un film apparentemente anomalo, all’interno di una filmografia così compatta e coerente, come La macchina ammazzacattivi. Allegoria ironica e potente sul senso di giustizia umana nell’immediato dopoguerra, che utilizza l’elemento fantastico per una feroce decostruzione morale del potere politico.

Non poteva mancare nel novero dei suoi capolavori Il generale della Rovere, opera controversa in cui l’autore torna alle tematiche resistenziali, creando un dibattito politico per la sua rappresentazione della resistenza. Vittorio De Sica (in assoluto stato di grazia), riesce nel corso del film a rielaborare il suo tipico cliché di truffatore e farlo diventare un eroe. Leone d’oro a Venezia come miglior film, insieme a La grande guerra di Mario Monicelli.

In chiusura alla collezione di opere rosselliniane, spiccano il mirabile documentario India - Matri Bhumi, che anticipa il didatticismo del Rossellini televisivo e Intervista a Salvador Allende: La forza e la ragione, intervista Rai di 37 minuti trasmessa solo la sera del 15 settembre 1973, dopo la notizia della morte del Presidente della Repubblica del Cile.

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