The White Lotus 3: lotta di classe sempre più spietata
Gli Hotel e i Resort che fanno parte di una catena sia assomigliano tutti e vivono sul loro “marchio di fabbrica” per quanto riguarda offerta, comfort, esperienze; va da sé che anche una serie come The White Lotus, sia pensata e strutturata nella stessa maniera. La terza stagione, ambientata in Tailandia, prende il via come le due precedenti, da un delitto, nel caso specifico da colpi di arma da fuoco che rompono la quiete della meditazione mattutina illuminata dal sole già alto e dall’umidità che appanna menti e obiettivi. Ed ecco che la storyline fa un salto indietro, a sette giorni prima quando il gestore del resort, la proprietaria e il loro staff salutano i nuovi ospiti che stanno arrivando in barca. E’ un tornare a casa per lo spettatore, il rincuorante segnale che tutto andrà al ramengo e che nessuno è davvero chi mostra di essere.
Chi sono dunque i ricchi e fortunati vacanzieri? La famiglia Ratliff – c’è sempre una famiglia –, Timothy (Jason Isaacs), la moglie Victoria (Parker Poesy) e i tre figli, giunti in Tailandia per la tesi di laurea della figlia che vuole intervistare un monaco buddhista. C’è una coppia strampalata e mal assortita, quella di Rick e Chelsea (Walton Goggins e Aimee Lou Wood) e tre amiche quarantenni (Carrie Coon, Michelle Monaghan e Leslie Bibb), molto ricche, ma segretamente insoddisfatte delle loro vite. Non mancano le vecchie conoscenze: Belinda, la direttrice della spa del White Lotus di Maui e Greg, sotto falso nome, il vedovo della compianta Tanya McQuoid. Insopportabili e sicuri di avere in mano le sorti del mondo intero si preparano a vivere una settimana da capogiro tra morti sfiorate, festini psichedelici e relazioni tossiche con i membri dello staff.
Lo show di Mike White continua a mescolare il lusso sfrenato degli uomini e donne di potere alla tradizione dei luoghi e dei popoli che abitano le location mozzafiato. Una continua e spietata battaglia sociale che vede in lotta milionari infelici e lavoratori con ambizioni e sogni nel cassetto. In questa terza stagione i bizzarri comportamenti umani si spingono verso i radicali cambiamenti. C’è chi in una settimana perde tutto, dal nome al patrimonio e chi invece, giocando con il fuoco, diventa ricco sfondato e si prende la sua rivincita sul destino e sulla meschinità superba di chi non dà valore ai sentimenti e alle speranze altrui. E’ un gioco senza esclusioni di colpi, in cui ogni personaggio è sfaccettato e mutevole, quella di The White Lotus è una commedia umana amara, fondata sulle scorrettezze e le bassezze dell’uomo in perpetua lotta di supremazia. L’amore non esiste se non in rapporti disfunzionali facilmente criticabili, mentre laddove dovrebbe fiorire è annacquato da invidie e risentimenti. Riflessi dei contrari che mostrano complessità costruite di individui gretti e pronti a tutto.
White alterna momenti di crudele lucidità a scene di gruppo allucinate e lussuriose, mostrando i suoi personaggi come vampiri assetati di attenzioni e di possesso, fisico, economico, materiale. In una location che ispira pace dei sensi e spinge alla meditazione, la cura dell’anima è una maschera per apparire controtendenza, naif o perfettamente centrati, consapevoli del proprio essere inscalfibile. Emerge sullo sfondo anche la mercificazione del corpo con sfilate di giovani donne, accompagnatrici di ricchi uomini di mezza età, firmatarie di contratti predefiniti in cui è il benessere materiale è il solo appagamento possibile. Riemergono i fantasmi delle passate stagioni e vengono usati come armi per mandare a tiro l’ennesima azione scellerata. Da un esordio lento, in pieno stile White, si prende velocità in un climax di colpi di scena che rende tutti vittime e colpevoli, che disorienta e porta lo spettatore, come in un giallo dei più classici, a sospettare di tutti per mettere insieme i tasselli di un puzzle riconducibile solo a degli spari molesti che fanno tremare e vacillare le corazze di mostri che prima o poi devono confrontarsi con i propri errori e sensi di colpa.
Nello schema della ritualità del resort più pericoloso del pianeta, brilla lo smalto saettante di una scrittura vivace e accattivante senza retorica e buoni sentimenti.