WWE: la verità sul dietro le quinte del wrestling

Il passaggio di Raw su Netflix diventa l’espediente per realizzare WWE: la storia dietro le quinte. Sono ormai lontani gli anni in cui la kayfabe invadeva la vita reale dei lottatori: oggi è la stessa WWE a raccontare, con un documentario storico, cosa succede “nella stanza dei bottoni”. Ma sarà davvero così?
La celebre compagnia di Stamford porta avanti la propria narrazione su come funziona il wrestling professionistico, scegliendo di mostrarne soprattutto le luci. In cinque episodi viene raccontata la road to WrestleMania, ovvero la costruzione di storie e match in vista dell’evento più importante dell’anno: WrestleMania, appunto.

Da un punto di vista narrativo la serie è ben strutturata: mette in evidenza i nuovi astri nascenti accanto alle vecchie glorie già affermate. Il cuore del racconto è però “the last dance” di John Cena, con particolare enfasi sul suo ormai celebre turn heel a WrestleMania. Proprio questo evento diventa occasione di riflessione su quanto la WWE sia consapevole del peso – positivo e negativo – dei social e delle reazioni online. La compagnia è arrivata persino a organizzare promo non registrati ufficialmente, ma studiati affinché i fan presenti potessero riprenderli e diffonderli in reel e storie. Questa capacità di sfruttare i nuovi strumenti social mostra perché la federazione resti uno dei player più importanti al mondo nella creazione di contenuti di intrattenimento.

Per chi è abituato al “vecchio wrestling”, con personaggi sempre nel loro ruolo, sarà curioso osservare come i performer che un attimo prima si scambiavano mazzate siano poi capaci di congratularsi e ringraziarsi a vicenda per aver portato a termine lo spettacolo. È così che la WWE vuole mostrarsi oggi: una compagnia capace di stupire con colpi di scena sempre più estremi, ma al tempo stesso attenta a sottolineare la professionalità dei propri atleti.

Se un difetto va trovato in WWE: la storia dietro le quinte, è che tutto appare fin troppo perfetto. È chiaro: si tratta di un prodotto promozionale, quindi non ci si poteva aspettare un approccio diverso, ma questo aspetto rischia di stonare. Paul "Triple H" Levesque sembra avere una parola positiva per chiunque, perfino per CM Punk, trasformato quasi in un agnellino nelle mani della federazione. La mia è ovviamente una provocazione, ma sarebbe stato interessante poter vedere anche le difficoltà nella gestione delle star e delle storyline. Chissà che questo non possa accadere in eventuali stagioni future.

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