Adults, può la sitcom generazionale funzionare nell’era dello streaming?
Approdata su Disney+ lo scorso 2 luglio, Adults è la nuova seria comedy corale creata da Ben Kronengold e Rebecca Shaw che rilegge nell’era dello streaming e della Gen Z il format seriale legato al racconto della vita di un gruppo di giovani amici– sulla stessa scia di Friends (NBC, 1994-2004) e How I Met Your Mother (CBS, 2005-2014). La sfida, purtroppo, appare persa in partenza, e non per il confronto con queste serie di culto, ma per un’evidente ’incompatibilità di formato.
Al centro di Adults, come si può intuire, vi è un gruppo di amici che convivono a New York – in questo caso però in una casa familiare del Queens. Tale gruppo è composto dall’ansioso Samir (Malik Elassal), dalla razionale e alla deriva Billie (Lucy Freyer), dallo spirito libero Paul Baker (Jack Innanen), l’attivista Issa (Amita Rao) e il rigido Anton (Owen Thiele). Tutti loro affrontano i piccoli drammi dei vent’anni: il primo lavoro, le relazioni, l’instabilità della vita adulta; il tutto, però, gestito con una grande complicità e ironia che gli amici vivono tra loro.
Come le serie cui Adults si rifà, gran parte della riuscita del progetto è legata alla scrittura dei personaggi e alla sinergia tra gli attori sul set. Da un lato il lavoro attoriale svolto è davvero encomiabile – nessuno degli attori dell’ensemble aveva mai avuto un ruolo da protagonista in TV, ma riescono a restituire con leggerezza le dinamiche di questo gruppo scompigliato -, dall’altro quello sulla scrittura è capace di restituire un ritratto inedito delle dinamiche e della vita della Generazione Z, qui ritratta come scorretta, egoista pur non entrando in conflitto con la sua sensibilità e attenzione nei confronti di questioni sociali prominenti. Tale ritratto, unito a degli spunti comici tra l’intelligente e il demenziale, sono in grado di rendere intrigante Adults, capace di raccontare una generazione che finora non aveva davvero avuto nel panorama seriale un racconto onesto ed empatico nei suoi confronti.
Quello che, tuttavia, è il vero limite della serie risiede nel suo formato produttivo: la (al momento) singola stagione di Adults, andata in onda su FX negli Stati Uniti, mentre in Italia, invece, direttamente su piattaforma, è composta di soli 8 episodi; le serie già citate, invece, ne prevedono 22 per stagione. Ovviamente questo dislivello è dovuto alle modalità di messa in onda degli episodi, eppure l’impatto che questa differenza di puntate – e di tempo – ha sulle serie è enorme. La forza di serie come Friends e HIMYM, infatti, risiede anche nella quantità di tempo che lo spettatore passa con i personaggi, che finiscono per diventare, puntata dopo puntata, dei veri amici con vedersi e intrattenersi ogni settimana, di modo da creare un legame anche affettivo con loro; tutto ciò, purtroppo, non è possibile quando la stagione dura poco più di tre ore e si può guardare in streaming o solo per un mese l’anno. Da qui, il paradosso di Adults: quello di una hangout series che non da neanche il tempo al suo pubblico di affezionarsi ai suoi personaggi, di conoscerli e riconoscerli.
Poco importa, purtroppo, in questo caso la bravura del cast o la maturità della writers’ room – in grado di rendere riconoscibili e ben caratterizzati sin da subito i suoi personaggi – se una serie di questo tipo non riesce a darsi il giusto respiro verso il pubblico. Pur rimanendo un prodotto leggero e assolutamente godibile, Adults dimostra l’inadeguatezza della sua storia per il modello produttivo dominante oggi – quello di serie brevi, di veloce consumo per poter passare alle successive – senza far maturare un legame più profondo coi suoi personaggi.