House of Guinness - I dublinesi votano la birra, non il partito
House of Guinness, la nuova serie Netflix di Steve Knight, stesso creatore di Peaky Blinders, funziona in tutto. Solitamente non amo i period-drama, ripetitivi nello svolgimento e nella narrazione, ma ci troviamo davanti a qualcosa di diverso che ti tiene incollato allo schermo in attesa, in sospeso fino all'episodio successivo in cui nuovi scandali verranno svelati. Quali sono gli ingredienti che rendono House of Guinness, non dico la serie rivelazione del 2025, ma un buonissimo prodotto?
La storia della nobile famiglia Guinness e del loro birrificio è ispirata a una storia vera anche se il regista usa spesso la sua licenza artistica per esagerare o rendere più accattivante. Nonostante ciò non si fa mancare nulla: drammi politici e sentimentali, critica sociale, un umorismo nero leggero e tagliente, ambientazioni realistiche e personaggi ben costruiti e moralmente complessi.
La caratterizzazione di Arthur, Edward, Ben e Anne Guinness, eredi del celebre Sig. Guinness, da poco venuto a mancare, è studiata nel dettaglio per costruire personalità complesse e mai macchiettistiche. Il destino che sta proprio in quel cognome e in quella posizione sociale si riverserà su ciascuno dei fratelli in maniera differente ed irreversibile e sarà il motore della storia creando una frattura politica sempre più profonda fra gli unionisti e i ribelli feniani. I dublinesi, sullo sfondo grigio e fumoso della città, le risse nei pub, nelle campagne nebbiose e verdissime rivivono un momento sociale di rottura complesso e parte integrante della loro identità. Il contesto storico, infatti, è stato proprio quello che ha sollevato la maggior parte delle critiche a una rappresentazione giudicata semplicistica e grossolana in particolare dalle lotte politiche e di classe e della carestia.
Personalmente, nonostante pecche e falde che sicuramente la serie ha agli occhi dello spettatore più attento e coinvolto, ho trovato House of Guinness innovativa e dinamica grazie al timbro moderno che è impossibile non notare e che rende profondamente intriganti i fatti raccontanti con toni a tratti seri, spesso satirici. Il pezzo forte rimane la colonna sonora che mischia modernità e folklore con punk, folk e rap irlandese (Fountains D.C., Kneecaps, Mary Wallopers) come sottofondo di inseguimenti, incontri proibiti, lotte violente, té danzanti. Il contrasto, oltre che funzionare come colonna sonora, è sempre alla base, non cadendo mai nella banalizzazione e ci mostra come da una serie di fratture possa nascere qualcos'altro e la Guinness in questo sarà il ponte, non solo una bevanda.