Una notte a New York: il potere degli incontri casuali

Quante volte abbiamo incrociato i nostri sguardi, pensieri con perfetti sconosciuti incontrati casualmente durante i nostri viaggi in treno, in aereo oppure per strada, in visita in un Paese straniero? E quante volte durante questi fortuiti incontri abbiamo ricamato riflettendo sulle vite che si ponevano di fronte a noi, su occhi fermi sui quali per un istante ci siamo specchiati, fantasticando perfino innamoramenti, amicizie con quella persona lì, fugace, che per puro caso ha calpestato non volendo la traiettoria della nostra esistenza, più o meno a lungo, più o meno brevemente?

È secondo me questo il presupposto di partenza di Una notte a New York, diretto dalla talentuosa Christy Hall alla sua prima regia (già sceneggiatrice e “creator” per l’on-demand con It Ends With Us, 2024, e I Am Not Okay with This, 2020), la storia di due strane anime che tessono insieme il loro cammino, involontariamente. Da un lato Girlie (Dakota Johnson), passeggera notturna di un classico lercio taxi giallo newyorkese pilotato con sicurezza dal sapiente e saggio Clark (Sean Penn), solo a tratti il suo personaggio apparentemente stereotipato nella personalità del taxista “spremi consigli”. C’è tuttavia mistero nelle vite di entrambi che gli spettatori a piccole dosi riusciranno a svelare pian piano attraverso il percorso che porta dall’aeroporto JFK a New York Midtown:“the dear old midtown”, riferiscono entrambi seduti in taxi.

Non c’è attrazione e pericolo fra i due protagonisti, ma solo una volontà reciproca di scoprirsi tramite un duetto d’occhiate di imbarazzo e momentanee fantasie. Il film ricostruisce perfettamente alcune atmosfere notturne newyorkesi che ben richiamano — non solo per via dello stratagemma del taxi — il jarmuschiano Night On Earth (Taxisti di Notte, 1991) dove storie basate sulla casualità del “passaggio” sul sedile posteriore dell’auto portano ad uno svisceramento compiuto e sincero del sé, assumendo però in alcuni episodi di cui è composto il film degli anni Novanta caratteristiche paradossali e ironiche; in Una notte a New York, invece, c’è più distacco, impassibilità ma avvertiamo una tensione dovuta alla storia che cova dentro la protagonista interpretata da Dakota Johnson, e che solo in conclusione deciderà infine di svelare al taxista-Sean Penn che singolarmente riesce a farla sentire a suo agio. Perché a volte proprio questo accade in determinate situazioni, avvertiamo in alcuni sconosciuti una innata motivazione a confidarci: “Non l’ho detto ancora a nessuno”, svela la protagonista al taxista. Clark le ha dato una possibilità, le ha portato inaspettatamente speranza in un quotidiano fatto di predatori e approfittatori durante il loro traghettare notturno. E infatti non inavvertitamente il film titola in originale Daddio, ovvero un diminutivo colloquiale per dad, nel senso di “paparino”, in senso affettuoso. Noi spettatori condividiamo il bello del fidarsi a prescindere nel colloquio tra due persone e fra storie famigliari, solite chiacchiere da viaggio come le critiche alla smaterializzazione del danaro per la valuta digitale e incertezze sull’amore, tutto finisce lì in un attimo davanti l’appartamento newyorkese di lei. Del domani non vi è certezza, quelle due persone di una generazione differente potrebbero non incontrarsi più, dove soprattutto è lei alla ricerca di un rapporto paterno inesistente nella sua vita.  La macchina da presa insiste ancora sui loro volti segnati da un’esperienza a tratti unica, quella del comunicare onestamente senza remore, e tutto svanisce lì, nel tempo di una corsa in taxi che mi ripropone alla memoria i versi più riusciti di Charles Baudelaire di A une passante, che sembrano parlare della notturna New York e di queste due anime solitarie:

La strada era assordante, urlava tutt’intorno.
Esile ed alta, in lutto, regina dolorosa
una donna passò, con la mano fastosa
sollevando il vestito, di trine e balze adorno.
[...] Un lampo…poi la notte! Bellezza fuggitiva,
che con un solo sguardo la vita m’hai ridato,
non ti vedrò più dunque che nell’eterna riva?
Altrove, in lontananza, e tardi, o forse mai!
Non so dove tu fuggi, tu non sai dove vado,
io t’avrei certo amato, e tu certo lo sai!
 

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